lunedì 3 gennaio 2022

Osa e utenze Dott.ssa Maria Riello. - ppt scaricare

Osa e utenze Dott.ssa Maria Riello. - ppt scaricare: Osa e anziani Di seguito sono riportate tutte le attività che un osa può e deve fare con un anziano: Assistere la persona, in particolare non autosufficiente e allettata, nelle attività quotidiane o di igiene personale  Collaborare ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue, alla rieducazione, riattivazione, al recupero funzionale Collaborare con il personale sanitario e sociale nell'assistenza al malato anche terminale e morente

venerdì 31 dicembre 2021

Riti pagani e non del Capodanno. Buon 2022

Le feste di Natale sono ormai passate, ci resta un piccolo, minuscolo festeggiamento per il Nuovo Anno, un nuovo cenone in solitaria tra tamponati e nuovi riti scaramantici. A differenza della festa religiosa natalizia, che c’è chi la festeggia e chi no, l’inizio del Nuovo Anno lo festeggia tutto il mondo, o meglio lo festeggia chi ha come calendario, il calendario Gregoriano.

In tempi antichi il Capodanno non era per tutti il 1° gennaio, infatti, i babilonesi, i giapponesi, festeggiavano l’inizio dell’anno con la rinascita della Terra, e cioè in primavera. L’origine del Capodanno, come lo conosciamo oggi, risale alla festa pagana del Dio romano Giano, nel VIII secolo, i pagani delle Fiandre, avevano l’usanza di festeggiare il passaggio del nuovo anno proprio il 1° Gennaio.

Nel 46 a.c. Giulio Cesare, creò il “Calendario Giuliano” che stabiliva che l’anno nuovo iniziava il primo gennaio, e come usanza i Romani usavano invitare a pranzo gli amici e scambiarsi il dono di un vaso bianco con miele, datteri e fichi, il tutto accompagnato da ramoscelli d’alloro, detti “strenne” come augurio di fortuna e felicità. Il nome strenna derivava dal fatto che i rami venivano staccati da un boschetto della via sacra ad una dea di origine sabina: Strenia, che aveva uno spazio verde a lei dedicato sul Monte Velia.

La dea era apportatrice di fortuna e felicità; il termine latino “strenna”, presagio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea. Nel Medioevo molti paesi europei usavano il Calendario Giuliano, ma vi era un’ampia varietà di date che indicavano il momento iniziale dell’anno. Tra queste per esempio il 1 marzo (capodanno nella Roma repubblicana), 25 marzo (Annunciazione del Signore) o il 25 dicembre (Natale). Solo con l’adozione universale del calendario gregoriano (dal nome di papa Gregorio XIII, che lo ideò nel 1582), la data del 1 gennaio come inizio dell’anno divenne infine comune.

Ma questa è anche una notte magica

Vediamo dunque come propiziarsi la fortuna in questa notte incantata:

al momento del brindisi di mezzanotte, se avete un ceppo che arde nel camino, versate sulla fiamma il primo sorso del vostro spumante, avendo cura di far cadere qualche goccia del vostro vino anche sul ceppo e la fortuna non vi abbandonerà per tutto l’anno.

Prendete una noce, tenetela in mano per dieci minuti circa e poi gettatela nel fuoco; se la noce scoppierà l’anno sarà buono, se brucerà senza scoppiare, sarà un po’ più difficile.

A mezzanotte in punto bruciate il vecchio calendario arrotolato e legato con nove giri di filo rosso, ripetendo mentalmente «Brucia libro dei giorni passati e che i dolori del vecchio anno non tornino più».

Scrivete su un foglietto i progetti, le situazioni e le esperienze che, nell’arco dell’anno che si è chiuso, vi hanno arrecato dispiacere e che non desiderate più rivivere e quindi gettatelo nel fuoco. Su un altro foglio scrivete i vostri desideri e le vostre aspirazioni per l’anno che comincia e, dopo averlo piegato e strappato in quattro pezzetti ( perché nessuno possa leggerlo), affidatelo al vento…

Cose da fare

Far rumore con botti e campanelli per scacciare da casa le presenze negative.

Offrire al camino (o al vento, se non avete il camino) il primo sorso di spumante o il primo boccone dell’anno.

Buttare via (dal balcone?) oggetti vecchi dei quali volete liberarvi.

Mangiare tra la mezzanotte del 31 e l’alba del 1 gennaio le lenticchie con le mani.

Baciare uno sconosciuto sotto il vischio. Fare gli auguri ad una persona dell’altro sesso che sapete felice ed amata. Fare gli auguri ai propri animali domestici. Gettarsi dietro la spalla sinistra un sorso di vino e una moneta.

Indossare al contrario, un paio di slip rossi. Indossare un capo nuovo. Indossare qualcosa di rosso e di turchino. Mangiare a mezzanotte tredici chicchi, uno dietro l’altro, d’uva nera. Accendere una candela bianca da offrire all’anno nuovo perché vi sia propizio e lasciare che bruci completamente.

Cose da non fare

Preparare la pasta in casa per il pranzo di Capodanno. Spazzare la casa il primo giorno dell’anno. Lasciare appese delle corde o delle calze penzolanti. Contare denaro. Mangiare a mezzanotte qualcosa all’aperto. Litigare con qualcuno. Telefonare, se siete donne, in casa d’altri di buon mattino per fare gli auguri… la prima telefonata, perché sia di buon auspicio, deve essere fatta da una voce maschile.

Fonte (http://calendario-esoterico.esoterya.com/origine-capodanno), http://www.eternoulisse.it/miti_leggende/notti_magiche_riti_tradizioni_capodanno.html)

lunedì 1 novembre 2021

Halloween e Festa dei morti. Celti e Siculi. Sicilia e Irlanda, due isole e due culture che si sono incontrate 3000 anni fá.

Due facce uno stesso popolo? che siculi e celti abbiano tradizioni e storie comuni non deve dircelo Halloween e la sicilianissima Festa dei Morti, che ricordiamo derivano ambedue da riti celtici di venerazione, culto e ricordo dei propri defunti. I ns due popoli hanno stessi antenati, per millenni hanno vissuto respirando salsedine e riscaldandosi con il venerato Sole. medesimi rituali e simboli esoterici, la Triskele, ci dicono che siamo "amici" da parecchi millenni e forse figli degli stessi genitori. Insomma tra la diatriba Halloween "americanata" e Festa dei morti "la Tradizione" forse sarebbe piu interessante scoprire come e perché in due Isole cos' distanti ci siano due popoli che hanno una storia comune. E forse è per questo che per l'ennesima volta questa estate ho deciso di trascorrere due mesi circa girovagando,  proprio come gli zingari irlandesi, sulle terre dell'Isola di smeraldo, così lontana ma così vicina ed avvolgente tanto da farti sentire sempre a casa. Le parole del Libro di Enzo Farinella squarciano le ombre della storia e ci regalano un uno spiraglio di conoscenza. 


Scrivendo nell’introduzione a: Sicilia – Irlanda: Legami culturali, Palermo, 2005, il Prof. Placido Petino, afferma: E’ un mirabile affresco questo libro di Enzo Farinella. Anzi un elegante mosaico punteggiato dalle espressioni intellettuali più significative delle due Isole e da variegati momenti d’incontro fra le due culture.

Egli scandaglia con il magistero del ricercatore attento in una materia non sempre condiscendente – a volte tenacemente ritrosa. Modella un’opera di geografia culturale, abbozza un suggestivo e coinvolgente manifesto unitario pur nelle storiche divaricazioni.
Farinella scrosta la vernice dell’etnhos e riesce a cogliere insospettabili contatti, complicità di scuole e di stili in storie umane e letterarie anche profondamente diverse.
L’Irlanda e la Sicilia,  due isole. Entrambe archetipo del compiuto in sé. Natura terraquea. Luoghi enfatici e mitopoietici. Orti delle Esperidi e miti di delizie. Esaltazione del meraviglioso, ma anche della morte. Ininterrotto ossimoro esaltato da Sean O’ Faolain. Nei loro segni di archeologia e di monumenti è possibile leggere stupende storie del tempo.
Entrambe giardini edenici, sembrano destinate all’uomo per allontanare le coscienze dai gorghi del quotidiano.
Deposito sapienziale di secoli, feconde diseguaglianze ne intingono gli esiti letterari.
Monocromo di smeraldo è l’Isola d’Irlanda. Punteggiato da grappoli di fiori urlanti seduzione. E un fiore dell’Isola – ne siamo certi – ovunque lo conducano le vie della vita, resta sempre impigliato nella filigrana dell’anima di ogni irlandese.
Isola impreziosita da arte celtica e incastonata di architettura romanica. Un delizioso lembo di verdissima luce da un cielo non sempre complice, ma, comunque, scevro da eccessi solari. Così dovette presentarsi agli occhi stupiti dell’uomo neonato la scaltra  lusinga del paradiso terrestre un attimo prima del peccato. Tiepida luminosità che molcisce i sentimenti, che non abbaglia e lascia intravedere il cuore segreto dell’essere. Discreto richiamo ai teoremi del proprio esistere. Fertile humus per l’ascolto delle interne voci, feconda nutrice dei monologhi interiori di J.Joyce.
Si eleva così dallo spirito una visione universale, eppure fortemente radicata sul proprio patrimonio storico culturale. E nella sublimazione della poesia di Seamus Heaney la memoria collettiva è elevata dall’arte, a sigillo d’identità.
Un sempreverde simbolo di speranza mai sopita è l’Irlanda Invincibile volontà, padre e madre dell’orgoglio creativo di W.B. Yeats per il patrimonio mitico, simbolico della propria terra. Invenzione in grado di dissolvere la realtà o di trasmutarla in irresolvibile incertezza nell’abile manipolazione letteraria di S.Flann O’Brien.
E’ anche il caparbio anelito di Oscar Wilde nell’ostinato smontare pezzo a pezzo le malfunzionanti macchine dell’ipocrisia o nello smascherare le superstizioni del senso comune. Sì, in questo – pur nei diversissimi tratti umani e nel divergente impegno letteraio – vi è qualcosa dell’impegno civile, dei fulminanti sorrisi ironici, eppure appena accennati di Sciascia.
E nel sempreverde simbolo di speranza mai sopita, forse, è radicata la profonda ragione dell’ottimismo che – pure in un impegno artistico volto ad evidenziare una sofferente condizione umana – s’intravede nell’opera di Beckett. Di tale invincibile volontà fu sicuro segno la ferma pietrificazione ideologica che miracolosamente non riesce ad appesantire l’arte di G.B.Shaw.
 


L’Isola di Sicilia ha, invece, un cuore rosso vivo. Un rubino il cui castone è reso prezioso da antichissimi miti di re e di eroi siculi e, poi – amaro prezzo di un oltraggio di secoli – da un successivo inesauribile palinsesto di architetture: greca, romana, araba, normanna, spagnola… Museo a cielo aperto. Una indifesa bellezza costretta a soggiacere ad ogni passionale brama di conquista, ma risoltasi sempre in una sorprendente capacità di conquistare i conquistatori, di irretirli nel proprio invalicabile eden.
Il rosso è quello delle sue arance, delle inquiete lave dell’Etna. Il quasiperenne fiore rosso che il vulcano amabile stringe fra i denti innevati della sua vetta.
Il sole di Sicilia giorno per giorno sembra non dovere mai tramontare. Qui la luce è visibilio degli occhi, ma anche subbuglio dell’anima e arroganza
Questa la Sicilia che antiche civilta’ hanno trovato e descritto.
I celti, i primi fondatori di un’Europa unita, sono stati nell’isola del sole. E’ certo che Siculi e Celti si sono incontrati e scontrati a partire dal XIII secolo A.C. Mappe del XVII secolo A.C., conservate nel Museo di Lipari, testimoniano la presenza di Celti su navi che andavano dall’Oriente verso il Nord Europa e facevano scalo a Lipari. Le due popolazioni, quella sicula e quella celtica, sarebbero state abbastanza similari e affini. I loro simboli religiosi sono rimasti infatti attraverso i secoli. Ricordiamo  in particolare la Triquetra –  affigurante un mostro a tre gambe, grecamente detto triskeles o latinamente “triquetra” (a tre vertici), che si rincorrono, con al centro la faccia di Gorgone o Medusa o Mannan, il dio del mare, con le ali ai lati, dai capelli formati da serpenti e circondati da spighe di grano o da foglie d'alloro -, simbolo della rotazione del sole, poi divenuta Trinacria, e la “Svastica”, simbolo della fertilità. Si potevano ammirare, fino a qualche anno fà  in due vasi corinzi del VII secolo A.C. nel Museo Archeologico di Agrigento.
Nel secolo IV A.C., precisamente nel 371, dopo la battaglia di Leuctra, Dionigi, tiranno di Siracusa e padrone del mondo, stringerà un’alleanza con i Celti e invierà, quattro anni dopo, una spedizione in aiuto di Sparta, composta da mercenari Celti e spagnoli, come riferisce Senofonte in Helleica, 7, 1, 20, 31.
Durante le guerre puniche li ritroviamo accanto ai cartaginesi contro i romani in Sicilia. Nel Mistero dei Celti di Gerhard Hern, si legge: “Trovandosi ad Agrigento come truppe di guarnigione, una volta hanno messo la città sottosopra perchè non erano stati pagati. In un’altra occasione, hanno compromesso la vittoria, a causa della intemperata passione per l’alcool. Infatti subito dopo la battaglia, bevvero tutto il vino dei nemici, che tornati di notte li trovarono completamente ubriachi e addormentati sulla paglia”.

Forse a causa di questa loro presenza in tempi antichi, Diodoro Siculo scrisse un importante documento sull’Irlanda nella sua Enciclopedia: “Ecateo e alcuni altri affermano che nelle regioni poste al di là del paese dei Celti c'è un'isola non più piccola della Sicilia; essa si troverebbe sotto le Orse e sarebbe abitata dagli Iperborei, così detti perchè si trovano al di là del vento di Borea. Quest'isola sarebbe fertile e produrrebbe ogni tipo di frutta”.
Questo testo, scritto da uno storico degno di fede, evidenzia la conoscenza dell'isola "sotto le Orse" e dei suoi abitanti, che si aveva in Sicilia e nella Magna Grecia, già due o tre secoli prima di Cristo e, quindi, i contatti evidenti tra le due isole e le due civiltà.

E’ anche interessanate la teoria che I Partholons –  più tardi divenuti "i figli di Bartolo", che vivevano in isolotti adiacenti alla Sicilia, come Favignana, Lampedusa, Ustica, Pantelleria, Levanzo… e il cui Santo Protettore in età cristiana fu San Bartolo -, si sono istallati in Irlanda circa 5.000 anni fa. Una pestilenza ne ha cancellato poi la memoria. Essi erano marinai, parenti di Noè, e sarebbero giunti in quest'isola per lavorare la terra ed erigere opere pubbliche, ai tempi della Nuova Età della Pietra.        In una poesia di Robin Williamson si parla di Partholon, fratello di Noè, “i cui figli veleggiando con fatica come gabbiani si sono levati misteriosamente dalla Sicilia".

Che i Partholons siano potuti arrivare in Irlanda dalla Sicilia, sia come popolazione là redidente sia di passaggio dalle sue isole, lo dimostra il fatto che a Pantelleria in modo particolare esistono ancora oggi tombe preistoriche, simili a quelle costruite in Irlanda. Inoltre l’edilizia dell’isola, ancora oggi predilige costruzioni, denominate “dammusi”, che riprendono il modulo della “central chamber” delle stesse tombe. Questi reperti archeologici potrebbero avvalorare ancor più la nostra ipotesi che i Partholons siano potuti venire in Irlanda per costruire “passage graves” e coltivare la terra proprio dalle isole adiacenti la Sicilia.

Come spiegare diversamente il carattere allegro e la rinomata ospitalita’ irlandese se non da un collegamento ombelicale tra le due isole?
  
Enzo Farinella,  collaboratore ANSA  e corrispondente per Radio Vaticana dall'Irlanda, dove vive da 45 anni, e' nato a Gangi in Sicilia.    
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martedì 13 luglio 2021

Ma la casa in Italia è ancora un diritto? il Governo che fà? ma il centrosinistra che dice?

 Nell’Italia degli Europei, mentre si festeggia la grande Coppa, c’è chi trema per la casa.

Nella Costituzione italiana il diritto all'abitazione è richiamato all'art. 47 e in ripetute sentenze della Consulta: "è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione" (n. 49/1987); ma questo diritto alla casa è negato da sempre, di fatto non applicato da nessun Governo negli ultimi 30 anni.

Mentre la destra, guidata da un tal Renzi di Rignano, propone l’abolizione del RdC, unica e vera riforma Welfare di questo Paese, che ha consentito intere famiglie di mangiare e pagare le bollette in questi due anni, c’è un intero governo die migliori che continua imperterrito la strada degli altri e non fa nulla per l’edilizia popolare. Il blocco degli sfratti è stato definito incostituzionale e quindi cancellato. Sospese dalla pandemia e da ritardi in Italia i sindacati calcolano saranno circa 80 mila solo quest’anno. Non sappiamo quanti a Palermo, ma di certo anche nella ns città. 80 mila famiglie, 300 mila persone che entro pochi mesi dovranno trovare un ponte, un cavalcavia, una scuola abbandonata insomma qualsiasi cosa possa loro dare un tetto, in vista dell inverno. Ma nel frattempo il generalicchio di rignano ed i suoi vivaisti italiani che fanno? Aboliamo il RdC perché così non vuole lavorare nessuno, eh già io me li vedo questi giovani italiani che preferiscono 750 euro ad una paga di 1200 euro vuoi mettere ? e che ci fanno con il resto? Ma no suvvia meglio un uovo oggi che una gallina domani. E poi ci sono gli anziani, no non quelli pensionati, quelli stanno benino, quelli licenziati come quelli delle coop, coop servizi, coop supermercati, coop manutenzioni, coop pulizie, coop trasporti e logistica; si quelli che hanno 50 e rotti anni e che per le aziende sono già un peso, quelli che pur di prendere 750 euro di Reddito di Cittadinanza rifiutano l’eldorado del lavoro che c’è ma nessuno vuole. Che poi a dirla tutta, nessuno lo ha visto ma è come per la religione, o ci credi o No!

Insomma il Governo dei migliori con il suo Recovery,  ma nemmeno gli altri ad onor del vero, non ha pensato a questa bomba sociale, che stà per scoppiare. Nessuna exit strategy, la patata bollente è stata consegnata alle Prefetture ed ai Comuni, già in dissesto finanziario e che nulla possono fare, per altro prossimi alle campagne elettorali per eleggere il loro Sindaco. Palermo è tra queste.


I soldi stanziati nel 2020 per il contributo all’affitto non sono stati utilizzati, ma c’è una ragione i privati cittadini padroni di casa non stipulano contratti con persone disoccupate, men che meno se possessori di Rdc, visto il clima che c’è, e quindi nessuno puo beneficiare del contributo perché non ha nessun contratto da presentare. Insomma tutto questo avviene in Italia, non in qualcge Paese del terzo mondo, ma in Italia dove ogni anno ci sono 60/80 mila sentenze di sfratto annue e circa 100 mila sentenze. Nel 2019 sono state 26 mila le famiglie sfrattate. I proprietari di casa si lamentano della giustizia lenta negli sfratti, gli inquilini di affitti elevati che nemmeno con il Rdc riescono a coprire. E la lentezza burocratica dei Tribunali? Una forma di welfare anche quella, meno male che i Tribunali sono lenti con gli sfratti perche al contrario ci sarebbero 300 mila sfratti annui.  Oggi in italia, nonostante il rignanese faccia finta di dimenticarlo, ci sono circa 6 milioni di poveri, assoluti; tra questi almeno il 20% sono in affitto e di queste famiglie almeno il 25% con figli minori. In italia sono 650 mila le famiglie che hanno diritto ed aspettano un alloggio popolare, ma le case popolari non ci sono nel Recovery Fund, nemmeno una e quelle 650 mila famiglie non avranno alcuna speranza. Poi ci sono gli interessi di parte, le lobby degli Ingegneri, delle cooperative, delle associazioni varie ci si è vantati del social housing , del recupero green dei centri storici etc etc… Belle cose certo, iniziative interessanti d’accordo ma che non tengono conto di una ovvietà con questi strumenti si sono realizzate meno di 10 mila alloggi, nessuna di queste per altro come alloggio popolare. Insomma l’italia ha bisogno di case popolari e bisogna costruirle, ma la politica di una parte pensa ad eliminare il Rdc, una delle forme con cui le famiglie hanno pagato gli affitti e dall’altra a proporre un fantasmagorigo ponte di messina, inutile quanto bello, no a costruire case o a rimettere a norma quelle che già ci sono ma inutilizzabili. Insomma il centrosinistra di questo Paese, vuole partire da una battaglia di civiltà ? Nella mia città si discute già di candidati al Consiglio Comunale e candidati Sindaci, c’è la volontà e la forza di dire che il tema della casa deve divenire centrale e che non è ammissibile che ancora oggi la lista degli aventi diritto è fatta da circa 20 mila famiglie. C’è la voglia e la forza per dire che un prossimo Sindaco deve fare del tema casa popolare, uno dei temi della sua attività? E c’è un partito, una lista che voglia intestarsi questo problema come uno dei primi da affrontare?

lunedì 28 giugno 2021

Le aspettative determinano la ns vita?

C'è un interessante articolo di Annamaria Testa, sul Blog Nuovo e Utile, che a sua volta traduce un articolo appena uscito su The Cut che mette in relazione sport, percezione del dolore e aspettative, a partire da una ricerca danese intitolata “Il potere della parole”. 

I risultati sono molto, molto interessanti: 

Ecco, in sintesi, di che si tratta: tutti sappiamo che dopo aver fatto sport ci si sente meglio. È una conseguenza fisiologica, e dimostrata. Facendo attività fisica, infatti, attiviamo una serie di modificazioni chimiche e ormonali. Riduciamo la sensibilità allo stress e alla depressione. Miglioriamo il tono dell’umore, la memoria, la concentrazione. E possiamo mitigare la percezione del dolore.
Eppure.

BENEFICI AZZERATI. Eppure, questi benefici reali e oggettivi (lo ripeto: ampiamente dimostrati, e incontrovertibili) possono ridursi, fino ad azzerarsi, se vengono contraddetti dalle aspettative del soggetto che fa sport.

UNO STUDIO SORPRENDENTE. Lo studio ha coinvolto 83 volontari, la cui tolleranza al dolore è stata prima misurata. Poi, i volontari sono stati divisi in tre gruppi. Al primo, i ricercatori hanno correttamente ricordato che fare esercizio fisico avrebbe significativamente aumentato la soglia (cioè, il livello di tolleranza) del dolore. Invece, al secondo gruppo non hanno detto nulla di specifico. Al terzo, hanno detto (mentendo, ovviamente) che l’esercizio fisico avrebbe diminuito la capacità di sopportare il dolore. In seguito, ciascun soggetto ha fatto una breve e intensa sessione di squat isometrico.
Infine, il test sul dolore è stato ripetuto. E le percezioni dei diversi gruppi sono risultate allineate – questo è il dato clamoroso – non alla realtà fisiologica, ma alle aspettative generate dalle dichiarazioni dei ricercatori.

LA MENTE E IL CORPO. Nel dettaglio: il gruppo che si aspettava effetti benefici ha rilevato un incremento di tolleranza al dolore del 22 per cento. È un guadagno comunque lieve rispetto all’incremento registrato nel gruppo di controllo, che non aveva ricevuto informazioni specifiche.
Invece, aspettative negative hanno non solo cancellato del tutto i benefici dell’esercizio, ma hanno addirittura diminuito (del 4 per cento in media) la soglia del dolore rispetto alla misurazione precedente. Tutto ciò attesta che non solo la mente può essere più potente del corpo, commenta The Cut, ma che i cattivi pensieri possono avere effetti (non solo mentali, ma fisici!) superiori a quelli buoni.

INFORMAZIONI E ATTESE. Parlando di interazioni tra corpo e mente, non posso non fare almeno un cenno all’effetto nocebo. È simmetrico e contrario all’effetto placebo, e peraltro ben noto nella pratica clinica. Una citatissima ricerca afferma (traduco testualmente) che la divulgazione di informazioni sui potenziali effetti collaterali (con il conseguente insorgere di aspettative negative) può essa stessa contribuire a produrre effetti avversi… è un fenomeno neurobiologico, che può manifestarsi con cambiamenti corporei rilevabili.
Ma che cos’è, in concreto, una ”aspettativa?”.

Si definisce aspettativa “la previsione ragionevolmente realistica di ogni attore sociale circa la condotta degli altri membri della società in un contesto di incertezza “. “Previsione ragionevolmente realistica” implica che la previsione che ci creiamo sull’esito di un evento, si basi su esperienze personali passate e quindi consapevoli e non su fantasie, che, proprio perché proiezioni del futuro, non sempre sono realistiche. A volte le aspettative che ci creiamo sono  troppo rigideesagerate o irrealistiche e quindi destinate ad essere deluse. Che succede quando le aspettative vengono disattese?

La delusione delle aspettative si genera spesso da un’illusione di partenza.

Quando si anticipa mentalmente uno scenario, prefigurandoselo in positivo, lo si carica emotivamente e più ci si avvicina all’evento, più la tensione e l’agitazione sale. Spesso l’aspettativa iniziale non trova riscontro nella realtà, proprio perché non è basata su dati reali e si trasforma in delusione. L’intensità della delusione dipende da due fattori: dall’importanza di ciò che viene atteso e dal tempo che si passa ad attendere. Nel tentativo di non deludere, si rimane delusi

ASPETTATIVE POSITIVE. Il medesimo meccanismo funziona (anche questo è notevole) nel meno frequente caso delle aspettative positive. Per esempio, lo psicologo sperimentale Richard Wiseman ha dimostrato che le persone che si ritengono fortunate sono di norma più aperte e più capaci di intercettare opportunità favorevoli. E, appunto “fortunate”. Oppure: ai docenti di una scuola viene detto che alcuni alunni (in realtà scelti a caso) hanno grandi potenzialità. Dunque, i docenti cominciano a seguirli con un’attenzione speciale. Ottenendo, a fine anno, proprio i risultati attesi.

Anche in questi casi, la percezione orienta in comportamento, e i positivi risultati del comportamento rafforzano ulteriormente la percezione.

IL RISCHIO DELLA FRUSTRAZIONE. Eppure, perfino nel nutrire aspettative (eccessivamente) positive c’è una trappola. Si chiama “frustrazione”.
Noi valutiamo costantemente i nostri risultati nella vita in base alle nostre aspettative e alle aspettative degli altri. A scriverlo è Sydney Finkelsein, docente di management al Dartmouth College. Le nostre aspettative orientano il modo in cui percepiamo un film o un libro, il modo in cui valutiamo le prestazioni di un prodotto, o la qualità del nostro posto di lavoro.

. Si definisce aspettativa “la previsione ragionevolmente realistica di ogni attore sociale circa la condotta degli altri membri della società in un contesto di incertezza “.

“Previsione ragionevolmente realistica” implica che la previsione che ci creiamo sull’esito di un evento, si basi su esperienze personali passate e quindi consapevoli e non su fantasie, che, proprio perché proiezioni del futuro, non sempre sono realistiche. 

A volte le aspettative che ci creiamo sono  troppo rigideesagerate o irrealistiche e quindi destinate ad essere deluse. Che succede quando le aspettative vengono disattese?

La delusione delle aspettative si genera spesso da un’illusione di partenza.

Quando si anticipa mentalmente uno scenario, prefigurandoselo in positivo, lo si carica emotivamente e più ci si avvicina all’evento, più la tensione e l’agitazione sale.

Spesso l’aspettativa iniziale non trova riscontro nella realtà, proprio perché non è basata su dati reali e si trasforma in delusione. L’intensità della delusione dipende da due fattori: dall’importanza di ciò che viene atteso e dal tempo che si passa ad attendere. Nel tentativo di non deludere, si rimane delusi

ASPETTATIVE DETERMINANTI. Le tue aspettative, più di ogni altra cosa, determinano la tua vita, scrive Forbes in un articolo intitolato 8 aspettative irrealistiche che ti rovineranno. Tra queste: l’idea che la vita “deva essere giusta” e che “le opportunità arriveranno da sole” (e che quindi basti aspettare perché tutto si sistemerà spontaneamente). L’idea che “tutti debbano piacermi”. Che “tutti debbano essere d’accordo con me”. E che “tutti sappiano quello che voglio dire” (risultato: più spesso del dovuto ci si sente feriti, offesi o incompresi. Ma non si fa nulla per rimediare o per ovviare).

E poi: l’idea di poter cambiare anche le persone che non vogliono farlo (questo non succederà, soprattutto se i contesti restano gli stessi). L’idea che “sto per fallire” (e qui siamo in piena profezia che si autoavvera).  E L’idea che “gli eventi mi renderanno felice” (difficile che un evento esterno, anche rilevante, modifichi in maniera permanente un’insoddisfazione interiore).

SAREBBE MEGLIO… In sintesi: sarebbe meglio affidarsi all’energia positiva e fiduciosa della speranza. Coltivare il bene della gratitudine. Ed essere consapevoli dell’impatto delle aspettative ed evitare di coltivarne troppe e irrealistiche, o negative. Tutto ciò, senza nutrire l’aspettativa, a sua volta irrealistica, che basti leggere un articolo come questo per cambiare tutto quanto in un battibaleno.

Le aspettative sono frutto dei modelli culturali e, seppur variando da contesto a contesto, sono prodotte dai ruoli e dalle norme sociali: a ciascuna posizione sociale corrisponde una modalità tipica e ricorrente di comportamento e, sulla base di questa, vengono create delle aspettative circa i contenuti delle interazioni. Insomma è da considerarsi naturale avere delle Aspettative, è normale che si abbia la speranza che le cose possano cambiare, in meglio, è necessario affrontare la  vita con la giusta dose di fiducia nel cambiamento, perché questo ci induce a migliorare il ns comportamento, le ns relazioni e per conseguenza a migliorare la ns vita, Ma, ma con giudizio; perché se le ns "speranze", le ns "aspettative" sono irrealistiche o cmq eccessive c'è il rischio di continue e cocenti delusioni. Se vogliamo aspettarci qualcosa, aspettiamocelo da noi stessi. Le sole aspettative che possiamo, in qualche modo, “controllare” sono quelle verso noi stessi ed è fondamentale che sia su queste che concentriamo le maggiori aspettative di cambiamento, nonché i nostri sforzi. Abbandoniamo la pretesa di poter cambiare l’altro o di poter cambiare le situazioni e facciamo focus su noi stessi e sui nostri bisogni.  Insomma siamo noi gli artefici del cambiamento, ma fino ad un certo punto.

domenica 27 giugno 2021

i post sono un grande all you can eat

 I post sono cibo.

Stare sui social è come mangiare tutti i giorni a un All you can eat: se sai orientarti e hai autocontrollo sopravvivi alla grande, ma se ti lasci guidare dalla pancia finisci male e ti ritrovi col piatto pieno di schifezze.
I post che leggi non sono solo un passatempo; sono a tutti gli effetti un nutrimento che influenza moltissimo l'esistenza.
E il junk food - il cibo spazzatura - è il prodotto più diffuso in circolazione. C'è tanta roba buona sul web: il problema è che per arrivarci devi passare davanti alle patatine strafritte, al surimi dell'altro ieri, a cibi non meglio identificati che sistematicamente finiscono con il riempirti il piatto, nonostante le migliori intenzioni.

E se magari riesci a sfangarla evitando di soffermarti davanti ai post che spingono al razzismo e all'intolleranza, è probabile che tu non riesca a resistere di fronte ai post retorici acchiappa like, alla suggestione facile, alla pornografia del dolore.
Sappi che nuocciono gravemente alla salute. Mangiare ogni giorno indignazione grossolana verso questo o quel cattivo e complimenti sperticati verso questa o quella "brava persona" fa male. Vanno molto di moda perché si consumano velocemente e lì per lì fanno sentire sazi, ma dopo cinque minuti avrai di nuovo fame. È una dieta disequilibrata che porta a instupidirsi nel giro di poco e a pensare che il mondo sia diviso tra buoni e cattivi, tra intelligenti e stupidi, tra noi e voi.
Scegli bene il cibo che leggi.
Tlon .'.

Tutte le volte in cui lo sport si è schierato politicamente

 In questi giorni dai social possiamo appurare almeno due cose: non tutti conoscono: il significato di solidarietà, fatto anche, ma non solo, da esempi simbolici come manifestare in piazza, in uno stadio da soli ed in compagni e molti non conosco i cosiddetti gesti iconici comunicativi e rappresentativi di emozioni, svolti da calciatori, sportivi, personaggi famosi che sono esempi e punti di riferimento per intere generazioni e sempre in molti non conoscono che  la forza di un gesto simile è una scelta di campo a forte simbolismo comunicativo, tant'è che siamo qui a parlarne. Quello che dà fastidio a molti, a livello inconscio, è proprio questo: vedere quel gesto particolare,  che loro non farebbero mai. I gesti iconici sono vecchi quanto il mondo: nel mito religioso cristiano Gesù lavò i piedi, baciò lebbrosi etc... gesti talmente evocativi che ancora oggi la lavanda dei piedi e l'inginocchiamento del Papa è un evento di portata mondiale, ogni anno. Per altro nello sport i casi di gesti iconici rappresentativi sono vecchi quanto lo sport stesso, nel calcio sono migliaia, sono chiamati Far Play e li trovate agevolmente su Google ed appartengono oltre che al calcio, anche all'atletica , al volley alla pallacanestro etc...etc... . Ma anche i gesti cosiddetti "politici" iconici sono sempre stati presenti nello sport fin dall'antica Grecia delle Olimpiadi, tanto per ricordare nel  secolo scorso Jess Owens che nel 1936, unico atleta di colore nelle Olimpiadi razziste di Berlino fù l'unico in tutto lo stadio  a non piegarsi al saluto Nazista e sfidando apertamente il regime; 


oppure nel 1960 il gesto di correre senza scarpe di Bikila 

per protestare contro la colonizzazione europea dell 'Africa a favore dell'indipendenza degli stati africani; 
o nel 1968 il pugno chiuso con il guanto neo alzato segnale iconico delle Pantere nere contro il razzismo, avevano appena ucciso Martin Luther King e Kennedy, 


o nel 2016 il modo irrituale di tenere la bandiera italiana della ns atleta De Francisca per mandare un messaggio contro il terrorismo; etc etc.. in tutti questi casi schiere di benpensanti si sono sempre schierate contro questi gesti con mille giustificazioni che da comunicatore e sociologo potrei definire: 1) non appartenenza (ovvero non mi interessa e della cosa non mi frega un fico secco) quello che il politologo e sociolo Banfield nel 1954 chiamo "familismo amorale"  2) in realtà sono a favore di quei gesti discriminatori ma non posso dirlo quindi dico che lo sport è altra cosa, 3) penso ai fatti miei e gli altri, scusate il francesismo ....si fottano. Ovviamente al contrario c'è chi si inginocchia per lavare i piedi a dei poveri, chi manifesta scendendo in piazza contro ogni abuso e violenza, che sia mafioso, ambientale e/o sociale e che ritiene che ogni gesto, come insegna Mc Luhan, ha un suo profondo significato. Come dico sempre ai miei alunni nella prima lezione di Comunicazione. NON SI PUO' NON COMUNICARE, Paul Watzlawick , primo assioma della Comunicazione, poi ognuno sceglie cosa e come lo vuole comunicare ... Buona domenica